Viterbo – “Nelle mie preghiere ‘anarchiche’ di ragazzo chiedevo a Dio di poter avere la voce come Fabrizio De André”. Luca Cionco è arrivato secondo a Tale e quale, lo show in onda su Rai uno in prima serata, da undici anni a questa parte. “Ancora non me ne rendo conto, ancora, da solo, ci penso ed esulto”. Nato a Latera, paese a nord della provincia di Viterbo, Luca Cionco vive a Marta ed è il frontman degli Hotel Supramonte, un gruppo di dieci elementi che da anni, e con successo, porta voce e testi del cantautore genovese in giro per l’Italia. Diplomato all’istituto tecnico per geometri di Pitigliano, Cionco si occupa anche di criminologia con alle spalle una laurea triennale in scienze per l’investigazione a Narni, una su ricerca sociale per la sicurezza interna ed esterna presa a Perugia, una laurea magistrale in psicologia e infine un master in gestione e sviluppo delle risorse umane.

“Gli insegnanti delle scuole medie – ha raccontato Cionco – mi dissero che non ero adatto agli studi umanistici”. Ora Cionco, in prima serata, è diventato la voce di De André i cui testi fanno ormai parte della storia della letteratura italiana. Dopodiché, il ruolo avuto da don Emanuele Germani, il parroco della chiesa dei santi Ilario e Valentino, e dal fratello Simone, il primo che ha fatto ascoltare De André a Luca Cionco. Infine, l’attualità del cantautore genovese scomparso nel 1999. “I valori che ha trasmesso De André sono valori assoluti – ha sottolineato Cionco – valori di profonda umanità, validi in qualsiasi momento storico. Valori di amore, rispetto per il prossimo, la lotta dalla parte di deboli, degli oppressi, degli sfruttati. Se tutti noi ascoltassimo meglio e di più De André ci sarebbero molti problemi in meno, soprattutto sul fronte sociale. ‘Ma versò il vino e spezzò il pane
per chi diceva ho sete, ho fame’”. 


Luca Cionco, lei è soltanto tale e quale a Fabrizio De André oppure è anche qualcos’altro?
“Credo di essere soprattutto qualcos’altro, per tutta una serie di ragioni. Innanzitutto perché De André è inarrivabile e inimitabile. Dicono che ho la voce simile a lui, e questo mi riempie di orgoglio. Ma spero di avere anche un po’ della sua intelligenza, della sua umanità e del suo amore per i più deboli. Quindi, no, non sono tale e quale a De Andrè, ma vorrei esserlo, ed esserlo nel profondo. Sono tanti anni che lo ascolto, leggo di lui, prendo spunto da lui e cerco di capirlo il più possibile. La sua visione del mondo è quella che più di tutti mi ha influenzato tra tutti i grandi del mondo intellettuale che ho studiato. Per me De André è a livello di Schopenauer, Jung, Freud, Mozart. De Andrè mi ha regalato una visione del mondo e tutto quello che so a livello musicale. Per cui, ripeto, non sono tale e quale a De André ma vorrei esserlo”.

Una visione del mondo che è poi diventata un gruppo musicale, gli Hotel Supramonte con cui canta De Andrè…
“Dal 2016, assieme ad Edoardo e Glauco, abbiamo costruito un progetto ambizioso. Rendere omaggio a un grande come De André. E non era facile, ma le persone, a partire da Viterbo e dalla Tuscia, ci hanno aiutato e sostenuto. E grazie a questa forza ci ha dato modo di muoverci anche fuori. Questo ci ha permesso di crederci e di andare avanti. Stiamo facendo un grande lavoro, con grande musicisti. Una squadra che cerca di essere il più vicino a lui riproponendo le sue poesie. Un grande lavoro fatto soprattutto dai musicisti del gruppo. Negli anni siamo poi cresciuti. Adesso siamo in dieci e questo ci rende ancora più forti e credibili. Il nostro obiettivo è innanzitutto emozionare chi ci viene ad ascoltare”. 

Si aspettava questo risultato, cioè il secondo posto?
“Speravo di poter emozionare. Non mi aspettavo invece il plebiscito della prima puntata e successivamente 5 primi posti. Non me lo aspettavo, e quando è arrivato è stato splendido. Poi io sono anche uno emotivo, quindi l’impatto è stato fortissimo”. 

Un risultato che la soddisfa?
“Decisamente sì. Sono contentissimo. Un risultato perfetto. Daniele, che ha vinto, è l’imitatore ‘tale e quale’ di Renato Zero. Io non sono capace ad imitare. Infatti ho fatto una fatica immensa a fare le consonanti come mi dicevano di fare. Io di solito cerco di comunicare emozioni, ed è lì che mi lascio andare, all’emozione”.


Luca Cionco-Fabrizio De André

Come era Luca Cionco da giovane?
“Organizzavo gli scioperi a scuola, la facevo chiudere e c’andavo un giorno sì e tre no. Facevo sega spostandomi coi mezzi a Grosseto. Ho fatto le superiori per modo di dire. Istituto per geometri a Pitigliano. Mi iscrissi lì perché mio padre all’epoca aveva un’impresa che aveva bisogno di un geometra e perché alle medie mi dissero che non ero adatto per gli studi umanistici. Poi sono andato all’università mi sono detto: ecco, questa facciamola bene, vista che l’ho scelta io. Ho due lauree triennali, una in scienze per l’investigazione presa a Narni, un’altra in ricerca sociale per la sicurezza interna ed esterna a Perugia. Infine, ho anche una laurea magistrale in psicologia e un master in gestione e sviluppo delle risorse umane. 

Secondo lei quale è stato l’autore più influente nel campo della psicologia?
“Freud”.

Perché?
“Perché è matto. E la ‘pazzia’ è una cosa bellissima. Sant’Agostino dice che la verità sta nei bambini e nei pazzi, con tutte le sue vette e i suoi abissi. Freud ha aperto il mondo e l’essere umano all’inconscio. Ci ha aiutato a capirci meglio. Sarà anche passato, come dicono alcuni, ma Freud è Freud. Come Mozart nel campo della musica. Me lo sento a pelle”.

Come è arrivato a Tale e quale?
“E’ iniziato tutto con don Emanuele Germani, il parroco della chiesa dei Santi Ilario e Valentino a Villanova, un quartiere di Viterbo. Stavamo fuori dalla chiesa. Voglio però dire prima un’altra cosa. Con don Emanuele ci conosciamo da tantissimo tempo. Siamo entrambi di Latera, un piccolo paese a nord della provincia di Viterbo. Il primo concerto l’ho fatto con lui a 8 anni, con me che non arrivavo a toccare i pedali dell’organo. Con lui, che all’epoca era seminarista e organista della chiesa a Latera, suonai Brams per le festività natalizie. A spingermi a suonare l’organo fu invece il parroco del paese, don Franco. Vedere l’organo per me è stato come per un ragazzino che inizia a giocare a pallone arrivare poi in serie A. L’organo per me, che ero un bambino, era una cosa altissima, emozionante. Ho accettato subito, ma non arrivavo ai pedali. Don Emanuele mi si mise vicino. Lui suonava i pedali e io la testiera, permettendomi così di realizzare anche un sogno. Immagina quindi il legame che ho con lui…”

Ed è stato don Emanuele a spingerla a candidarsi a Tale e quale?
“Sì. Ed è andata così. Stavamo tutti e due fuori a Villanova quando, a un certo punto, mi arriva la chiamata di Alessandro Rossi, il nostro agente degli Hotel Supramonte che mi dice: ‘Luca, guarda che Gilda, l’altra manager del gruppo, ha mandato un tuo video in cui canti don Raffae’ alla trasmissione Tale e quale show”. Ma che davvero, ho poi risposto. ‘Sì – ha ribattuto invece Alessandro -, che vuoi fare?’. La prima reazione è stata dirgli di no. Temevo la reazione delle persone. Poi ho attaccato. Non ho fatto in tempo a chiudere nemmeno la telefonata che don Emanuele, subito: ‘Che è successo, Luca?’. Ed io: così e così. La sua reazione è stata: ‘ma che sei matto a non andarci?’. Ma che me stai a dì! Ho rilanciato immediatamente. ‘No, no – ha reagito don Emanuele -, tu ce devi annà…ma che sei matto!?’. Vabbe’ via, gli ho detto, lo faccio. Fammi però tenere il punto per una serata con Alessandro, poi domani lo chiamo. Ecco come è nata la mia partecipazione a Tale e quale show. Da quel momento è iniziato tutto il percorso, a partire dai video inviati prima di arrivare alla fase finale”.


Viterbo – Don Emanuele Germani

Come avviene la trasformazione, in De André nel suo caso, da persona in personaggio all’interno dello show cui ha partecipato?
“L’esperienza emotivamente è molto forte, per certi aspetti, per me, anche devastante. Non perché sia brutta, ma per le tantissime emozioni che si provano. I giorni decisivi sono 4. Il primo giorno ci si vede alle due e il tutto dura due ore. Ciascuno incontra il proprio coach. Nel mio caso è stato Matteo Becucci. Appena l’ho visto m’ha detto: ‘canta! Fammi sentire’. Io ho iniziato e a un certo punto mi sono girato e dentro la sala c’erano almeno una ventina di persone della Rai che stavano filmando la mia esibizione con il telefonino. La canzone deve durare due minuti. Questo è il primo giorno. Il secondo giorno, dopo aver lavorato la mattina e non aver dormito la notte per l’emozione, torno di nuovo a Roma. Entro e trovo Emanuela Aureli. E non lo sapevo. A momenti mi si prendeva un colpo. Ma poi ha iniziato scherzare in ternano e tutto è passato. Ora il problema quale è stato. Becucci mi aveva fatto esercitare in un modo, Aureli in un altro. Quali dei due? Ecco, mentre la prima notte ero preso dall’emozione, la seconda dai dubbi. Vado a casa, non ri-dormo, ri-lavoro la mattina e poi vado di nuovo negli studi di Tale e quale. Il terzo giorno abbiamo fatto la prima prova trucco, il check e la registrazione ascensore. Si inizia con il trucco, cercando di perfezionare il lavoro per l’indomani. Due ore di ricerca. Sei stremato. Poi si passa alla parrucca, dopodiché il check per venire la voce. Il problema vero è stato la registrazione dell’ascensore. Tu arrivi e sei come sei. Poi diventi un personaggio. Il punto è che io avevo la barba. Ma De André no… La prima cosa che mi ha detto la truccatrice: ‘guarda che ti devi tagliare la barba perché io ti devo truccare’. No, ho risposto, io prima di diventare De André devo fare l’ascensore con la barba. ‘No, ha invece ribattuto la truccatrice, la barba te la devi tagliare, altrimenti io non riesco a fare il mio lavoro…’”

E alla fine l’ha tagliata?
“Sì…taglia un po’ sta barba! Io non l’avevo mai fatto in vita mia… un trauma enorme! Mi sono specchiato e non mi sono riconosciuto. Una vergogna! Ho pensato. Non solo. Peggio ancora! Appena sono sceso di sotto ho incontrato Carlo Conti che mi ha subito detto: ‘ma che hai fatto… hai tagliato la barba?’… Eh, gli ho risposto, me so’ portato avanti! Che gli dicevo, che era stata la truccatrice a dirmi di tagliarmela, che a me mi si era preso un colpo e che quando mi sono visto allo specchio mi vergognavo? Sono andato a casa che ero nervosissimo… (se la ride). E la notte non ho dormito per la terza volta. Non solo, ma ero convinto di non andare più. C’avevo il telefono in mano e avevo scritto anche un messaggio al direttore della produzione per dirgli che la mia partecipazione finiva lì. Il taglio della barba mi aveva sconvolto e a quel punto mi si erano prese tutte le paure possibili. Compresa quella che Malgioglio mi avrebbe asfaltato… invece poi mi hanno detto che si è commosso. Ma quella sera per me era così. Fortunatamente mi sono detto: vabbè, il messaggio glielo mando domani mattina. tanto, se glielo mando alle tre di notte, che glielo mando a fa’! Meno male che non l’ho fatto. E alla fine mi sono detto: ma che mi tiro indietro adesso per la paura!? Ecco che sono tornato. Per il quarto giorno. L’ultimo giorno. Quello del trucco vero e della prima puntata”.

E lì che succede?
“Altra cosa clamorosa. Mi cominciano a truccare, dicendomi: ‘guarda Luca, questa è una crema che mi è appena arrivata. E’ nuova, non l’ho mai utilizzata’. Ecco, ho pensato, spero che adesso non venga utilizzata su di me. E invece sì. Due ore. Con la crema, i buchetti dell’ago… e a un certo punto mi sono sentito tirare la pelle… non riuscivo più a parlare. Dovevo cantare… mi si era incollata la faccia. Tutti e due, a quel punto, eravamo impanicati…levami un po’ tutta la crema con la spugnetta ruvida! La pelle mi andava a fuoco… ero tutto rosso! A quel punto abbiamo utilizzato la crema di sempre. A-ricomincia il trucco. Abbiamo finito alle 8 e mezza della sera. Morivo dalla fame e dalla voglia di fumare. Esco qualche minuto, rientro, faccio la parte dedicata alla parrucca, poi aspetto il mio turno… ma è talmente tutto così rapido che quando è toccato a me mi sono scapicollato per le scale. Tutto di corsa arrivo all’ascensore. Sento la voce mia che parte, vestito da De André, con la chitarra… Maadonna, mi sono detto! Un’emozione enorme. Ero bianco come un lenzuolo, mi tremavano le gambe… mi tremava tutto! Mentre salivo sento i bassi che amplificano la mia voce e che riempivano tutto. Ma sono io? Salgo e s’apre l’ascensore. La prima cosa che ho pensato è stata: stai attento a non cascare con questi scalini che batti i denti facciamo subito una bella figura… Alla fine arrivo giù, e tutto il resto lo abbiamo visto”.


Fabrizio De André

Come è stato quando ti hanno applaudito per la prima volta?
“Sono rimasto senza parole. Anche adesso faccio difficoltà a dirlo. Pensavo di essere freddo ed eccessivo nell’imitazione. Poi mi sono dimenticato le parole della canzone Marinella… l’avrò cantata!? Almeno un milione di volte, eppure lì me la sono dimenticata. Ho avuto i peggio dubbi e tremavo come una foglia. Non solo, ma le lenti a contatto che mi avevano messo, una mi si era spostata. Praticamente vedevo con un occhio sì e con un occhio niente. A dirmi della standing ovation è stato Carlo Conti. Mi sono detto: è andata bene. E a quel punto mi sono calmato. Ma ancora non ci credevo. Quando poi mi hanno detto che avevo vinto la puntata, a quel punto mi sono rilassato, e mi sono anche detto che da quel momento in poi dovevo soltanto puntare ad emozionare e comunicare qualcosa. Mi sono lasciato andare. Da quel momento in poi sono stato me stesso. Da quel momento in poi è stato Luca. Tutte le altre puntate le ho fatte in scioltezza e me la sono goduta”.

Come è stato invece aspettare il risultato finale?
“Quando ho visto che i coach davano cinque punti all’imitazione di Renato Zero, mi sono detto: questa volta non si vince. Daniele ha fatto una performance grandiosa. Poi nell’ultima esibizione non ho imitato, tant’è che il mio coach si è anche incazzato. Ma va bene ed è giusto che sia così. Daniele è un imitatore, io non lo sono. Io sono Luca, che canta De André. E dentro, nell’interpretazione, ci metto un po’ del mio. La mia emozione. Convinto che se io, per primo, non provo emozioni, di certo non saprò trasmettere qualcosa agli altri”. 

Oltre ai concerti con gli Hotel Supramonte, c’è anche l’attività di criminologo e orientatore. Ci racconta un po’ di questo lavoro?
“Lavoro prevalentemente come osservatore e orientatore. Aiuto le persone a trovare un lavoro. Come criminologo ho fatto diverse cose con il centro studi criminologici di Viterbo e con l’avvocato Enrico Valentini con cui continuo a collaborare. Per il resto, non ho più tempo per fare altro”. 


Viterbo – Luca Cionco e gli Hotel Supramonte al Bistrot del Teatro

Come nasce la passione per De André?
“Nasce grazie a mio fratello Simone, una persona molto intelligente cui devo tanto. La mia filosofia di vita è deandreiana e Simone. Per la musica è stat importante fin da subito, da bambino. Ma ascoltavo soltanto musica classica, soprattutto Mozart. Rientrando a casa, una volta, sentii mio fratello ascoltare Storia di un impiegato, e contemporaneamente leggere i testi. E’ stato uno shock. Gli ho detto: che stai a fa’? Sto a legge’ i testi… mi ha risposto. Per me all’epoca era impensabile associare i testi alla musica. Per me la posta era un conto, la musica un altro. Due universi separati… pensa che deficiente! Ma ero giovane, quindi mi perdono. Allora chiesi a mio fratello chi fosse De André e lui mi iniziò a spiegare che De André non è soltanto musica, ma un concetto. Io rimasi affascinato. La storia in musica di un trentenne non più giovane per partecipare al ’68, ma nemmeno vecchio per non esserne attratto. Gli opposti che stanno insieme. Per me è stata un’illuminazione pazzesca che mi fece innamorare completamente di De André. Tant’è vero che nelle mie preghiere ‘anarchiche’ di allora chiedevo sempre a Dio di poter avere la voce come Fabrizio De André. E un po’ è andata così. A volte le preghiere funzionano”.

Quali sono gli album di De André che preferisce più di tutti?
“Amo molto Creuza de mä per la ricerca musicale che c’è dietro. Amo molto Storia di un impiegato per la storia appena raccontata. Ed è il concept che vorrei presentare al pubblico la prossima volta. Infine, Non al denaro, non all’amore né al cielo dove De André riesce a mettere ancora più poesia di Masters”. 

Secondo lei, De André è ancora attuale?
“Sì, credo proprio di sì. I valori che ha trasmesso De André sono valori assoluti, valori di profonda umanità, validi in qualsiasi momento storico. Valori di amore, rispetto per il prossimo, la lotta dalla parte di deboli, oppressi, sfruttati. Se tutti noi ascoltassimo meglio di André ci sarebbero molti problemi in meno, soprattutto sul fronte sociale. ‘Ma versò il vino e spezzò il pane per chi diceva ho sete e ho fame’. Più chiaro e meglio di così è difficile trovarne un altro. Il valore universale della solidarietà nei confronti del prossimo è sempre attuale. Il rifiuto della guerra è sempre attuale. L’amore è sempre attuale”. 

Se potesse, con quale personaggio di De André si identificherebbe per potersi raccontare?
“Se potessi, forse mi identificherei con il Chimico… ‘perché gli uomini mai mi riuscì di capire perché si mescolassero attraverso l’amore, affidando ad un gioco la gioia e dolore’. Perché sono una persona che non capisce l’amore”.

Che significa che “non capisce l’amore”? De André canta quasi esclusivamente questo…
“Non capisco come nasca e come possa durare. Quali sono le differenze tra le varie forme di amore. In cosa consiste l’amore puro? Non riesco a capirlo”.

Come hanno vissuto tutta questa avventura i suoi familiari, i suoi amici… ha anche una fidanzata?
“No, in questo momento non ho una fidanzata. Ma subito dopo la prima puntata ho ricevuto una marea di proposte di matrimonio. In tutti i modi, soprattutto sui social. Mi scrivono continuamente su Instagram dicendomi di sposarle, invitandomi al ristorante, dicendomi che mi amano. Non ci sono abituato. Arrossisco ancora. Io sono di Latera, una persona tranquilla che ama cantare De André con un gruppo di amici a cui voglio bene. Comunque è molto bello. Sono messaggi che mi hanno aiutato anche a provare più amore per me stesso. Poi mia zia mi ha chiamato in lacrime dalla Sicilia dicendomi che era sola in casa e applaudiva. Poi hanno chiamato anche mia madre per farle i complimenti. E’ stata un’esperienza che mi ha portato tanta gioia, con tantissimi amici che ancora adesso mi stanno scrivendo. Ancora non ci credo. A volte mi trovo da solo, rido, esulto. E penso che è il momento più bello della mia vita. Dopodiché sono esplosi visualizzazioni e like sui tutti i canali sociali degli Hotel e su quelli personali. Arrivano richieste da tutta Italia”. 

Quali sono i prossimi appuntamenti degli Hotel Supramonte?
“Sabato saremo a Stazione Birra a Roma. Il 20 marzo, nel pomeriggio, saremo a Fabrica di Roma. Il 25 marzo al teatro Traiano di Civitavecchia e il 7 aprile al teatro Duse di Bologna. Stiamo poi lavorando su tante altre richieste”. 

Che si aspetta dal risultato ottenuto?
“Vivere quello che viene. Quello che spero è che ci siano ulteriori performance. E’ il mio solo desiderio”.

A chi lo dedica?
“Lo dedico ai miei genitori, Antonella e Luigi. E’ grazie a loro che ho potuto studiare, cantare, essere così come sono. E non mi hanno mai chiesto nulla in cambio. Lo dedico a mio fratello Simone che mi insegna a vedere il mondo con occhi diversi, il mio mentore. Lo dedico a don Emanuele, il mio consigliere. Senza di lui non avrei assolutamente partecipato a Tale e quale. Infine la dedico a chi ha sempre creduto in me. Agli amici e alle amiche degli Hotel, agli amici e alle amiche che mi hanno sempre sostenuto, soprattutto quando era più faticoso”.

Daniele Camilli


– Tale e quale show, secondo posto per il viterbese Luca Cionco